«Rara è la capacità di lasciarsi ferire dalla bellezza. Una ferita che diventa feritoia, aperta su quell’infinito e quell’eterno verso cui si tende». Gianfranco Ravasi. Un nuovo importante tassello del Cortile dei Gentili, l’affascinante progetto, voluto in prima persona dal cardinale Gianfranco Ravasi su diretta sollecitazione di papa Benedetto XVI, divenuto in questi ultimi anni uno straordinario luogo d’incontro tra personalità di culture e fedi differenti, tra credenti e non credenti, per approfondire le grandi domande dell’uomo nel nostro presente. Filo conduttore del volume è il tema della bellezza, declinata nelle sue diverse e variegate sfumature: nel suo dialogo con la fede, con la cultura, con l’arte, con la spiritualità e con la società. Ad aprire la discussione, il provocatorio intervento di Jean Clair, uno dei massimi storici dell’arte contemporanei, il quale afferma: «Un Dio senza la presenza del Bello è più incomprensibile di un Bello senza la presenza di un Dio». C’è un’intera tradizione legata al pensiero religioso che ci ricorda come la poesia, senza la bellezza di Dio, rischi di rimanere un’astrazione, e la fede, senza la bellezza, corra il pericolo di non riuscire a parlare al cuore dell’uomo. È soprattutto la forza rivoluzionaria della bellezza a emergere dalle righe dei vari interventi, la sua «terribile» capacità di sconvolgere, di destabilizzare: «La bellezza sublime – scrive Francesc Torralba – rompe tutti gli schemi; è una forza che entra nel mondo senza chiedere permesso, un’intrusa che nessuno stava aspettando»; è una finestra che lascia intravedere una realtà altra. E la discussione non poteva non investire il campo dell’immagine, dell’arte, e in primo luogo l’arte sacra, in cui la figura umana, recando in sé una divina somiglianza, è investita di un valore e di un significato sublimi. Non a caso ad accompagnare il dibattito interviene un ulteriore dialogo, quello che le immagini, contenute nell’inserto iconografico, intrattengono con la parola scritta, ma anche tra loro stesse, in un gioco di echi e rimandi, di confronti e rispondenze, risvegliando in noi la nostalgia di una bellezza che pare perduta e, forse, la capacità di scorgerne ancora qualche traccia.