Se dal concilio di Trento nascono i seminari per i preti, il Vaticano II produce quella specie di «seminario diffuso» che prende il nome di formazione permanente e che si configura come un cammino condiviso per trovare tempi, modi ed esperienze capaci di «rigenerare il vissuto». In un contesto contrassegnato da una religiosità che da «confessionale» è divenuta «a bassa intensità», cioè meno legata alla Chiesa istituzionale e più permeabile a molte e variegate appartenenze, anche il reclutamento dei presbiteri non segue più il percorso tradizionale che dalle famiglie praticanti passava per le associazioni cattoliche e la parrocchia e approdava infine al seminario. Oggi si tratta di riprendere l’incompiuta profezia del Concilio e scommettere sulla riforma del clero; il passaggio dalla concezione giuridica a quella sacramentale, la connessione fra sacerdozio ordinato e sacerdozio comune dei fedeli e il superamento della visione sacrale e culturale consegnano, infatti, ai preti l’identità propria di una «carità pastorale» che richiede di confrontarsi con i tempi nuovi.