Zabor non assomiglia affatto agli altri bambini della sua età: orfano della madre, trattato dalla nuova famiglia del padre come un ospite indesiderato, cresce solitario e malinconico nel suo villaggio alle porte del deserto, allevato dalla zia e dal nonno. Girovaga per le strade durante la notte e dorme di giorno, trovando compagnia e conforto solo nei libri presi da una biblioteca polverosa: quei romanzi gli sembrano l’unica cosa importante della sua esistenza, l’unica che possa darvi un senso. È proprio grazie ai libri che Zabor scopre di avere un dono straordinario: se scrive, è capace di respingere la morte, e coloro di cui racconta nel suo quaderno guadagnano per miracolo nuovi anni di vita. Quando uno dei suoi odiosi fratellastri bussa alla sua porta, Zabor dovrà prendere la più difficile delle decisioni: il padre sta morendo e solo Zabor può provare a rinviare la fine. Ma vuole davvero salvare un uomo da cui non ha mai ricevuto amore? Fiaba, racconto, confessione vertiginosa: il secondo romanzo di Kamel Daoud celebra la forza e l’urgenza della scrittura, facendone un atto sacro anche quando è soltanto umano. Come una nuova Sherazad, Zabor sfugge al vuoto salvando se stesso e gli altri attraverso il potere supremo della parola e la verità rivoluzionaria della fantasia.